Megara Iblea
Quando arrivarono furono accolti dal re Hyblon, che pensò bene di coccolarseli piuttosto che tentare una vana difesa della sua città.
I greci furono grati di questo e misero alla città il doppio nome: Megara come la città greca dalla quale provenivano e Ibla come il re siculo che trovarono.
Di li a poco, Megara Iblea, divenne una delle più potenti città siceliote (greche di Sicilia). Secondo Tucidide, Selinunte fu fondata verso la metà del VII secolo a.C. proprio dai megaresi.
Durante la seconda guerra punica (214-212 a.C.) spalleggiò i siracusani e per questo motivo il console Marcello la distrusse.
La città oggi appare esattamente così come era un tempo, certamente per l’urbanistica (chiaramente non per gli edifici), in qualche maniera preservata da un perenne (e quasi inspiegabile vista la bella posizione geografica) isolamento del sito.
Negli ultimi decenni, poi, Megara Iblea è stata letteralmente circondata da una zona industriale che oltre a dare un fascino tutto particolare alla zona, ha veramente messo come in una campana di vetro l’antica polis
Si entra nell’area dal lato nord e si comincia a passeggiare tra le strade del sistema viario praticamente intatte.A ridosso del mare, oggi sono visibili i suoi imponenti ruderi dove si possono scorgere l’agorà, la struttura urbanistica, e resti di mura, di case, di templi… una bella passeggiata all’interno di un’antica città Siceliota.
Di grande impatto emotivo la cinta muraria occidentale che presenta ancora tracce di due imponenti torri lungo il suo percorso.
Proprio a ridosso di questa conta, nel suo lato meridionale, è una bellissima casa con pavimento mosaicato e, all’ingresso, il nome del proprietario inciso nel pavimento: Gnaiou Modiou.
Poco oltre, verso nord, i resti di un’officina metallurgica con banco di lavoro fatto in pietra lavica.
Nell’agorà, nell’angolo nord-est, è un piccolo santuario ellenistico preceduto da due altari modanati e stuccati e da una piattaforma semicircolare con all’interno alcuni bacini in fittili e lastre circolari di lava per il culto.
Sempre nell’agorà, sono i resti di due stoà (portici): sia quella arcaica (VII secolo a.C.) che la successiva ellenistica.
Qua sono presenti anche le terme, con ambienti mosaicati e tratti delle gallerie dove veniva riscaldata l’acqua. Affiancata alle termeè una palestra con diversi vani.
Ancora, numerose le colonne, qua e la, tra le quali quelle di un santuario, splendidamente lavorate.
Nel limite meridionale della città, sono i ruderi di una porta a tenaglia limitrofa alla strada che conduceva a Siracusa.
La città era circondata, nel suo perimetro esterno, da diverse necropoli. Alcune di queste tombe sono ancora visibili nella parte occidentale fuori le mura.
Esse hanno restituito meravigliosi reperti esposti, principalmente, nel Museo Archeologico di Siracusa.
Tra i capolavori ricordiamo la “Kourotrophos”, statua arcaica in calcare della “Dea Madre” in trono (VI secolo a.C.), che allatta due gemelli; il torso marmoreo di giovinetto (kouros), che reca ancora una dedica in lettere greche scolpita sulla coscia, in stile dorico; una particolare maschera teatrale del VI secolo a.C.